Diritto all’oblio: importante decisione dell’Autorità Privacy

Il diritto all’oblio, ovvero la completa e definitiva cancellazione dei dati personali dall’archivio del Titolare in cui sono conservati e custoditi, in ambito privacy può essere invocato sia quando sono riportati su un sito internet esplicitamente il nome ed il cognome dell’interessato, ma anche qualora siano pubblicati dati che lo rendano comunque identificabile.

Lo ha recentemente statuito l’Autorità Garante italiana ingiungendo a Google di rimuovere da una pagina web i dati che rendevano identificabile un professionista.

Il Garante, intervenuto sul ricorso presentato dall’interessato cui Google aveva opposto il rifiuto di rimuovere la pagina, ha ritenuto fondata la denuncia, ritenendo violato il diritto del ricorrente ad ottenere la cancellazione definitiva dei dati dalla pagina in cui risultavano pubblicati i propri dati.

Il presupposto del diritto all’oblio è che l’interesse della collettività a conoscere una certa notizia è racchiuso in un determinato spazio temporale con l’unico scopo di informare le persone; questo interesse diminuisce progressivamente con il passare del tempo. Sulla base di questo, risulta non legittimo pubblicare (o lasciare online) notizie che riguardano il passato di una persona (salvo casi particolari).

IL CASO

Tutta questa situazione parte dalla presenza online di una notizia dannosa per la reputazione dell’interessato: Google aveva ritenuto la richiesta di rimozione dell’Url come inammissibile, portando la persona in questione a rivolgersi al Garante; successivamente l’Autorità per la privacy, esaminando il caso sulla base delle norme previste dal Regolamento, ha concluso che la notizia andasse tolta perché dannosa.

L’articolo “incriminato” riguardava un processo che si era concluso con la completa assoluzione dell’interessato. Restando online, costituiva un pregiudizio: la collettività poteva venire a conoscenza di informazioni inesatte, non aggiornate e fuorvianti nei confronti dell’interessato; procurando dei disagi a lui e ai suoi affari.
In conclusione, Google ha dovuto rimuovere la Url in questione e comunicare le attività messe in atto per attuare le indicazioni, entro trenta giorni.

 

Per approfondire, al link sottostante la decisione completa del Garante

 

Vuoi ulteriori informazioni?