privacy nel cloud

” Penso ci possa essere privacy nel cloud ” dichiara Tim Cook, CEO di Apple

Riproponiamo alcuni contenuti dell’intervista che il ceo di Apple ha rilasciato al Corriere della Sera in occasione della sua visita a Milano per l’inaugurazione del nuovo anno accademico all’ Università Bocconi, lo scorso 10 novembre.

Una delle preoccupazioni degli eredi di Steve Jobs alla guida di Apple è il modo in cui viene e in prospettiva verrà trattata la privacy degli utenti.

“Penso ci possa essere privacy nel cloud. Ma voglio spiegare alcune cose sul mio approccio. Intanto in Apple progettiamo i prodotti in modo da mantenere la privacy delle persone. Ci sono cose relative a te che sono criptate all’interno del dispositivo e non permettiamo che questi dati vadano nel cloud. Non lo facciamo – spiega Tim Cook – Ceo di Apple – perché ci sembra sia qualcosa che non abbiamo il diritto di sapere. Noi non leggiamo le vostre email né i vostri messaggi. Si possono fare grandi prodotti e insieme avere un’adeguata protezione dei dati personali.
Cloud non significa ‘fine della privacy’. Significa solo prestare più attenzione a come i prodotti sono concepiti per garantirla”. Spiegare l’importanza della riservatezza dei dati personali, però, non è semplice, aggiunge Cook: “Alcuni sono molto sensibili, ma io sono convinto che lo diventerebbero praticamente tutti se solo conoscessero la profondità con cui pezzi della loro vita sono presenti nei vari archivi online. Ci sono così tante informazioni… Ma in molti casi la cosa importante è che cosa queste informazioni suggeriscono. Non necessariamente quello che dicono prese individualmente. Ad esempio, se io sapessi che cosa tu fai in diversi momenti della giornata, se sapessi cosa compri, quanto denaro spendi, dove vai a mangiare, con chi parli e cosa scrivi nei tuoi messaggi, i dati sanitari. Se avessi tutti questi dati su di te, potrei elaborare molti altri ragionamenti sulla tua persona. Molte cose orribili succedono se si arriva a questo secondo livello, quando le persone hanno dato il permesso a chiunque di sapere cose di sé. Io credo che un giorno succederà qualcosa di disastroso. E allora faremo una pausa e diremo: ‘Perché abbiamo permesso tutto questo? Come è potuto accadere?’. Io sono ottimista per natura e spero non si avveri, ma è per questo che insisto sulla privacy. Non è qualcosa di separato dal rispetto e dalla dignità umana. E un modo molto diverso di vedere rispetto ad altre aziende”.
Poi Cook spiega la sua visione della App economy: “E’ in molti Paesi il settore in cui i posti di lavoro crescono più rapidamente – sottolinea – Molti possono imparare a fare app: puoi esprimere una passione e vendere la tua idea in tutto il mondo. Prima dovevi creare un prodotto e andare a lavorare con i rivenditori in ogni singola nazione. L’App Store ha permesso a chiunque di premere un bottone e creare un’offerta globale. Il cambiamento nel mondo è una costante. C’è stata un’epoca in cui dovevi saper cavalcare e portare le carrozze. Poi sono arrivati i treni e le auto e abbiamo avuto bisogno di ingegneri. I lavori variano ma il lavoro resta. Vedo questi fenomeni in continuazione in Paesi differenti. Figure professionali che spariscono e altre che nascono. L’importante è che aziende e governi preparino le persone a questo nuovo mondo. Il tuo atteggiamento mentale deve essere di aperture”.

Fonte dei contenuti: www.corrierecomunicazioni.it